La Corea del Nord lancia un nuovo missile sopra il Giappone

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L’aveva minacciato, e l’ha fatto: gli americani pagheranno per le sanzioni decise dall’Onu, ridurremo il Giappone in cenere. Propaganda, certo. Ma intanto il missile è partito davvero, come d’altronde accaduto già in passato dopo i pronunciamenti della comunità internazionale a colpi di sanzioni.

Un nuovo missile, un’altra provocazione: e questa volta messa in scena addirittura alle porte della capitale, dall’aeroporto di Pyongyang, mentre un aereo della Koryo Air, la compagnia nazionale, decollava per Pechino. Potenza di Kim: appena lo scorso weekend aveva richiamato gli scienziati-eroi responsabili del mega test nucleare, 14 volte più potente di Hiroshima, per festeggiarli in un gala a suo modo elegantissimo. Finita una festa, eccone un’altra: nel solito segno della Bomba

La Corea del Nord lancia un nuovo missile sopra il Giappone
La Corea del Nord lancia un nuovo missile sopra il Giappone

La minaccia è volata ancora una volta sulla testa del Giappone, 3700 chilometri di tragitto per 770 chilometri d’altezza, andandosi a spegnere, tra gli allarmi lanciati in 14 province, a duemila chilometri dopo l’isola di Hokkaido, già provata dal test dello scorso mese. “Non tollereremo più”, annuncia il premier giapponese Shinzo Abe: costretto, come tutti, a tollerare. Anche perché il missile è andato lontano quanto basta per raggiungere potenzialmente la base americana di Guam, che la Corea del Nord ha minacciato il mese scorso di “circondare di un cerchio di fuoco

Il Pentagono, nella notte, ha escluso che il lancio possa aver rappresentato una minaccia per gli Usa. Ma quanto manca perché l’arma non varchi la “linea rossa” tracciata da Seul? Non permetteremo che Kim ottenga una bomba atomica che possa montare su un missile intercontinentale, avevano detto nei giorni scorsi i gemelli diversi del Sud: che proprio ieri, però, hanno dato il via libera a 8 milioni di dollari di aiuti contro il regime che li tiene sotto assedio, prima di sparare dopo il test un paio di razzi pieni di Rabbia, in una inutile prova di forza.

Il test è arrivato al mattino del 15 settembre di qui, le 6.57 per l’esattezza, ennesima prova della puntualità regime, ormai impegnato a seguire un vero e proprio calendario delle provocazioni. Lunedì scorso l’Onu ha approvato le sanzioni più dure di sempre, anche se non hanno toccato il petrolio e i beni del dittatore, e da pochissime ore il presidente Usa Donald Trump – che la Casa Bianca fa sapere di essere stato subito relazionato – ha ufficialmente annunciato il suo viaggio di novembre in questa parte di mondo. Oh yes: il presidente che ha promesso “fuoco e fiamme” visiterà, oltre a Cina e Giappone, anche la Corea del Sud e arriverà prestissimo a Seul – a tre quarti d’ora dal confine demilitarizzato dove sono appostate le artiglierie del Nord.

Il lancio ha fatto subito scattare la riunione del consiglio di sicurezza sudcoreano, ordinata dal presidente Moon Jae-in. Sembra diventato un appuntamento tragicamente fisso, come quello del consiglio di sicurezza dell’Onu, annunciato per venerdì.

E chissà come se la gode nella residenza bunker di Pyongyang Kim-Stranamore. Proprio in queste ora Seul ha rispolverato l’operazione “decapitazione”, la squadra speciale incaricata di andare a scovarlo: prova a prendermi, sembra giocare il Giovane Maresciallo lanciando missili proprio dalla capitale, tra il decollo di un aereo (civile) e un altro, ultima prova della sua incredibile impunità.

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