Governo Gentiloni: lista ministri,si tratta di un governo Renzi bis
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha sciolto la riserva. Il giuramento del nuovo governo è già fissato stasera alle 20. Martedì e mercoledì il governo chiederà la fiducia alle Camere.
Questa la lista dei ministri: Interni Marco Minniti, Esteri Angelino Alfano, Giustizia Andrea Orlando, Difesa Roberta Pinotti, Economia Piercarlo Padoan, Sviluppo Carlo Calenda, Agricoltura Maurizio Martina, Ambiente Gian Luca Galletti, Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio, Lavoro Giuliano Poletti, Istruzione e Università Valeria Fedeli, Cultura Dario Franceschini, Salute Beatrice Lorenzin.
Senza portafoglio: Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, Semplificazione e Pubblica Amministrazione Marianna Madia, Affari Regionali Enrico Costa, Coesione territoriale e Mezzogiorno Claudio De Vincenti, Sport Luca Lotti.
Sottosegretario con funzioni di segretario al consiglio dei ministri: Maria Elena Boschi.
“Non vi nascondo le difficoltà politiche che derivano dall’esito del referendum. Il Governo si metterà immediatamente a lavoro con tutte le sue forze” ha detto il presidente del Consiglio al termine della lettura della lista dei ministri. Gentiloni ha aggiunto di aver fatto il proprio meglio “per formare il governo nel più breve tempo possibile. E credo nell’interesse della stabilità delle nostre istituzioni alle quale guardano le italiane e gli italiani”.
Verdini: “Noi ignorati, non daremo la fiducia”
Nella squadra non ci sarà un esponente legato a Denis Verdini. E a dirlo è lo stesso garante del Nazareno che firma una nota piccata insieme a Enrico Zanetti, finora viceministro dell’Economia, ex montiano e suo alleato in Parlamento. “Non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi bis” scrivono Verdini e Zanetti. L’esecutivo, sottolineano, “deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest’ultimo principio”. I capi di Ala e Scelta Civica aggiungono che “in questi giorni abbiamo rappresentato al presidente della Repubblica e successivamente al presidente del Consiglio incaricato la nostra disponibilità e il nostro senso di responsabilità”, il che significa – dicono – un governo con piene funzioni, che affronti le varie emergenze e anche l’urgenza della riforma elettorale. Ma su tutto questo, scrivono Verdini e Zanetti, “non abbiamo avuto dal presidente del Consiglio incaricato alcun riscontro: al contrario apprendiamo la seria possibilità che venga varato un governo ‘fotocopia’, senza alcun approfondimento sulle questioni in campo. Di conseguenza, in coerenza con un’azione che in questi ultimi diciassette mesi ha assicurato al Paese la governabilità e la realizzazione di importanti provvedimenti senza alcuna contropartita, non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis”. Il comunicato di Verdini e Zanetti è uscito dopo un incontro avvenuto al quartier generale di via Poli. I nomi che Ala vorrebbe vedere premiati sono quelli Enrico Zanetti, attuale viceministro dell’Economia, Francesco Saverio Romano – ex ministro con Berlusconi – e Marcello Pera, ex presidente del Senato sempre con Berlusconi e portabandiera delle personalità di centrodestra che hanno spinto per il Sì al referendum.
Nella squadra non ci sarà un esponente legato a Denis Verdini. E a dirlo è lo stesso garante del Nazareno che firma una nota piccata insieme a Enrico Zanetti, finora viceministro dell’Economia, ex montiano e suo alleato in Parlamento. “Non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi bis” scrivono Verdini e Zanetti. L’esecutivo, sottolineano, “deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest’ultimo principio”. I capi di Ala e Scelta Civica aggiungono che “in questi giorni abbiamo rappresentato al presidente della Repubblica e successivamente al presidente del Consiglio incaricato la nostra disponibilità e il nostro senso di responsabilità”, il che significa – dicono – un governo con piene funzioni, che affronti le varie emergenze e anche l’urgenza della riforma elettorale. Ma su tutto questo, scrivono Verdini e Zanetti, “non abbiamo avuto dal presidente del Consiglio incaricato alcun riscontro: al contrario apprendiamo la seria possibilità che venga varato un governo ‘fotocopia’, senza alcun approfondimento sulle questioni in campo. Di conseguenza, in coerenza con un’azione che in questi ultimi diciassette mesi ha assicurato al Paese la governabilità e la realizzazione di importanti provvedimenti senza alcuna contropartita, non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis”. Il comunicato di Verdini e Zanetti è uscito dopo un incontro avvenuto al quartier generale di via Poli. I nomi che Ala vorrebbe vedere premiati sono quelli Enrico Zanetti, attuale viceministro dell’Economia, Francesco Saverio Romano – ex ministro con Berlusconi – e Marcello Pera, ex presidente del Senato sempre con Berlusconi e portabandiera delle personalità di centrodestra che hanno spinto per il Sì al referendum.
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Crisi risolta in 5 giorni, ma non è record
Dal 7 dicembre alle 19 al 12 dicembre alle 17.30. E’ durata in tutto 5 giorni la crisi che ha portato alla nascita del governo Gentiloni. Una crisi lampo, ma non la più rapida nella storia della Repubblica. Il record (tre giorni) appartiene ex aequo a Silvio Berlusconi e a Mario Monti. Nel caso di Berlusconi si trattava della nascita del suo terzo governo: il Cavaliere si dimise il 20 aprile 2005 on seguito alla sconfitta alle elezioni regionali che convinse An a ritirare la propria delegazione. Alle 12,50 del 23 aprile successivo sciolse la riserva e presentato la lista dei ministri del suo nuovo governo. Altrettanto rapido Monti, che dopo essere stato nominato senatore a vita, ricevette da Napolitano l’incarico di formare il governo il 13 novembre 2011 e sciolse la riserva il 16, subentrando così al governo Berlusconi, travolto dalla crisi economica e dall’aumento dello spread. In 4 giorni Matteo Renzi ha fatto nascere il governo che la scorsa settimana è stato messo in crisi dall’esito del referendum sulla riforma della Costituzione: era il 17 febbraio del 2014 quando Renzi ricevette l’incarico, lo scioglimento della riserva e la lista dei ministri arrivarono il 21 febbraio. Anche Enrico Letta risolse la pratica in quattro giorni: il predecessore di Renzi ottenne l’incarico il 24 aprile 2013 e sciolse la riserva il 28. Quattro giorni anche per Massimo D’Alema: l’ex premier era già a Palazzo Chigi e si dimise il 18 dicembre 1999 in seguito all’uscita di Cossiga dalla maggioranza. Ricevette il nuovo incarico il 20 dicembre e sciolse la riserva il 22 dicembre dando vita a un nuovo esecutivo. Nella lontana Prima Repubblica le crisi di governo erano di solito lunghe e macchinose. Il record di velocità fu registrato nel passaggio tra il governo Tambroni, che si era dimesso il 19 luglio 1960, e il terzo governo Fanfani. Quest’ultimo, ricevuto l’incarico il 22 luglio riuscì a formare il governo il 27, dopo cinque giorni.
Dal 7 dicembre alle 19 al 12 dicembre alle 17.30. E’ durata in tutto 5 giorni la crisi che ha portato alla nascita del governo Gentiloni. Una crisi lampo, ma non la più rapida nella storia della Repubblica. Il record (tre giorni) appartiene ex aequo a Silvio Berlusconi e a Mario Monti. Nel caso di Berlusconi si trattava della nascita del suo terzo governo: il Cavaliere si dimise il 20 aprile 2005 on seguito alla sconfitta alle elezioni regionali che convinse An a ritirare la propria delegazione. Alle 12,50 del 23 aprile successivo sciolse la riserva e presentato la lista dei ministri del suo nuovo governo. Altrettanto rapido Monti, che dopo essere stato nominato senatore a vita, ricevette da Napolitano l’incarico di formare il governo il 13 novembre 2011 e sciolse la riserva il 16, subentrando così al governo Berlusconi, travolto dalla crisi economica e dall’aumento dello spread. In 4 giorni Matteo Renzi ha fatto nascere il governo che la scorsa settimana è stato messo in crisi dall’esito del referendum sulla riforma della Costituzione: era il 17 febbraio del 2014 quando Renzi ricevette l’incarico, lo scioglimento della riserva e la lista dei ministri arrivarono il 21 febbraio. Anche Enrico Letta risolse la pratica in quattro giorni: il predecessore di Renzi ottenne l’incarico il 24 aprile 2013 e sciolse la riserva il 28. Quattro giorni anche per Massimo D’Alema: l’ex premier era già a Palazzo Chigi e si dimise il 18 dicembre 1999 in seguito all’uscita di Cossiga dalla maggioranza. Ricevette il nuovo incarico il 20 dicembre e sciolse la riserva il 22 dicembre dando vita a un nuovo esecutivo. Nella lontana Prima Repubblica le crisi di governo erano di solito lunghe e macchinose. Il record di velocità fu registrato nel passaggio tra il governo Tambroni, che si era dimesso il 19 luglio 1960, e il terzo governo Fanfani. Quest’ultimo, ricevuto l’incarico il 22 luglio riuscì a formare il governo il 27, dopo cinque giorni.