E’ morto Totò Riina. Il capo dei capi
E’ morto Totò Riina. Il capo dei capi
Riina era malato da anni, ma negli ultimi tempi le sue condizioni erano peggiorate tanto da indurre i legali a chiedere un differimento di pena per motivi di salute. Istanza che il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha respinto a luglio. Ieri, quando ormai era chiaro che le sue condizioni erano disperate, il ministro della Giustizia ha concesso ai familiari un incontro straordinario col boss

Riina stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati del ’92 in cui persero la vita Falcone e Borsellino e quelli del ’93, nel Continente. Sua la scelta di lanciare un’offensiva armata contro lo Stato nei primi anni ’90. Mai avuto un cenno di pentimento, irredimibile fino alla fine, solo tre anni fa, dal carcere parlando con un co-detenuto, si vantava dell’omicidio di Falcone e continuava a minacciare di morte i magistrati. A febbraio scorso, parlando con la moglie in carcere diceva: “sono sempre Totò Riina, farei anche 3.000 anni di carcere”. Alfano: da oggi l’Italia è migliore “Totò Riina è morto, da oggi l’Italia è migliore”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Angelino Alfano da New York aggiungendo: “il mio pensiero oggi va a tutte le vittime e le loro famiglie”.
L’ultimo processo a suo carico, ancora in corso, era quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, in cui imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato. La figlia su facebook: una rosa nera e la scritta silenzio Una rosa nera e il volto di una donna in bianco e nero con il dito sulla bocca con su scritto ‘shhh’, ossia silenzio. E’ la foto profilo di Maria Concetta Riina, figlia del padrino corleonese. Sotto diversi messaggi di condoglianze, alcuni like e qualche cuoricino. Una foto che sembra essere un messaggio, ma anche un testamento lasciato dal padre che mai negli anni del carcere duro ha avuto un cedimento. Già stamani il legale del boss, Luca Cianferoni, aveva spiegato che i familiari del padrino chiedono “il più stretto riserbo”.
La carriera criminale
Il “capo dei capi” è accusato delle stragi del 1992 e del 1993, nonché di decine di omicidi. E’ lui che ha deciso la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel 1992. Dal carcere proclamava ancora i suoi editti di morte, come quello contro il Pm Nino Di Matteo. Per decenni, dalla latitanza ha gestito con Bernardo Provenzano – già deceduto – la mafia siciliana e continuava a essere un punto di riferimento temuto. –